Ne parliamo con Gian Piero Grandi, psicologo e psicoterapeuta, formatore e docente della “Scuola Adleriana di Psicoterapia”
Lunedì 10 ottobre, è stata la “Giornata Internazionale della Salute Mentale”, un tema delicato, oggi ancor di più visto i due anni difficili che abbiamo vissuto. La giornata, che compie proprio quest’anno 30 anni, è nata per sensibilizzare le persone verso il tema della salute mentale, troppo spesso accantonato, non considerato e sottovalutato.
La sua importanza risiede, infatti, negli obiettivi che si pone e, quest’anno, il tema è quello di “Rendere la salute mentale e il benessere di tutti una priorità globale”. Al di là di quella che può essere la giornata vera e propria, è importante fare luce sull’importanza del tema della salute mentale, spesso ignorato.
In una società dove tutto scorre veloce, dove si è sempre più impegnati in molteplici attività, molto spesso non riusciamo a cogliere, in noi e negli altri, i segnali di un disagio interiore. Fondamentale è combattere i pregiudizi e la discriminazione verso questa tematica creando un’occasione di confronto, facendo informazione, ricercando quell’empatia e quella sensibilità che sono necessarie per aiutare e comprendere sé stessi e gli altri. A proposito di autorevolezza abbiamo ritenuto importante rivolgere le nostre domande ad un professionista del settore, ben vicino alla tematica che stiamo affrontando.
Si tratta del Dottor Gian Piero Grandi, psicologo e psicoterapeuta, formatore e docente della “Scuola Adleriana di Psicoterapia”.
Domanda: Buongiorno Dottore, innanzitutto, quanto sono importanti giornate come quelle di oggi?
Risposta: Diciamo che l’importanza, al di là delle giornate convenzionali come quella di oggi, è la sensibilizzazione verso i problemi legati alla salute mentale. Occorre diffondere un messaggio corretto sul tema, non nascondendo la tematica facendo finta che non esista, sottovalutando così il problema.
Domanda: Quali sono i primi campanelli d’allarme di un disagio/problema?
Risposta: Importante è sentire e rendersi conto di ciò che in me non funziona. Ansia, stress, depressione possono essere i primi campanelli d’allarme. Una volta che mi osservo e riconosco in me qualcosa che non funziona, l’importante è rivolgermi a qualcuno che mi possa aiutare: un genitore, un insegnante, un amico. Se poi chi coglie il mio segnale di aiuto non è in grado di aiutarmi effettivamente a livello psicologico, perchè è molto difficile essere obiettivi e non essere troppo coinvolti emotivamente verso una persona che si ama, è importante rivolgersi ad uno psicologo, o ancora meglio, ad uno psicoterapeuta.
Domanda: La vergogna. Molte volte si riconoscono i segnali ma a causa di essa non si esternano agli altri determinati disagi che, purtroppo, molte volte portano anche a gesti estremi o di autolesionismo. Come fare a non provare vergogna?
Risposta: L’accettazione è un primo passo verso la comprensione ed il riconoscimento di determinati disagi che non ci permettono di essere felici, o semplicemente funzionali al cento per cento. La totale mancanza di stimoli: nello studio, nel lavoro, nelle relazioni personali, è indubbiamente un segnale che effettivamente c’è qualcosa che non va. Una volta accettato, appunto, una buona scelta è il parere esterno, ossia dello psicologo/psicoterapeuta. Se, infatti, attraverso un processo di consapevolezza riesco a rendermi conto che effettivamente il problema esiste, posso fare qualcosa di produttivo per superarlo. L’importante è non provare vergogna, non svalutando il problema e non temendo il giudizio degli altri.
Domanda: Un sostegno, quello psicologico, che andrebbe inserito anche, ad esempio all’interno dei reparti d’urgenza, come i pronto soccorsi?
Risposta: Si, concordo. Una figura come quella dello psicologo e dello psicoterapeuta assolverebbero ad una funzione importante all’interno di un pronto soccorso in quanto potrebbero approcciarsi sin da subito a quelle situazioni “delicate” che si presentano nei reparti d’urgenza. Purtroppo in Italia non si è ancora giunti a quel punto. Già il fatto di riuscire a sensibilizzare l’opinione pubblica verso l’importanza della salute mentale è un passo avanti. Anche perchè, essendo sinceri, credo che nessuno possa vantare una sanità mentale al cento per cento. Ansia e stress fanno ormai parte di gran parte di noi. Alfred Adler, sosteneva che la salute mentale fosse funzionale quando si era in grado di assolvere al 33,3 per cento periodico i compiti vitali in ognuna di queste tre aree: studio/lavoro – affetti – relazioni sociali.
La percentuale di persone che soffre, e ha sofferto, di problemi di salute mentale sono in aumento negli ultimi anni. Ciò che è mancata, a livello sociale e istituzionale, è una risposta corretta a questo tema. Purtroppo bisogna fare ancora i conti con la troppa stigmatizzazione, discriminazione e pregiudizio che impedisce a chi necessita di aiuto la possibilità di rivolgersi apertamente a chi può fornire l’aiuto opportuno.