Di Stefania Caudana
Che la comunicazione cambi continuamente grazie ai nuovi mezzi, social, app… è chiaro a tutti e non possiamo non tenerne conto. Soprattutto i giovani sembrano averne familiarità, ma anche tra gli adulti il modo di comunicare per status, like e tweet prende sempre più piede. Anzi, proprio i meno giovani appaiono più vulnerabili a certe ferite che arrivano facilmente online, spessdo per personali fragilità. La comunicazione è relazione, pertanto anche le relazioni di conseguenza cambiano. Nelle coppie, tra gli amici, tra colleghi, la connessione costante è diventata la regola. La preoccupazione sale quando l’altro non risponde o non si connette per qualche ora. La nuova tecnologia rende necessario interpretare tutta una serie di sfumature che non sempre aiutano la relazione. Il controllo prende piede, non lasciando spazio nella relazione alla fiducia di crescere con i suoi tempi. Cosa ci dice questo? Che la comunicazione social avviene in modo diverso, impedisce sfumature, sguardi, non ha espressioni e va educata da una parte e accettata e usata con consapevolezza dall’altra.
E come la mettiamo con WhatsApp? Si tratta di un modo di comunicare veloce, aperto, per foto, vocali e brevi frasi. La cosa interessante è che questa App elimina l’imbarazzo verso l’altro in maniera ancora più netta di quanto non faccia già lo schermo di un pc quando si naviga nei social.
L’immediatezza, che ne fa un apprezzato strumento nell’epoca del “tutto subito”, spinge gli utenti ad essere molto diretti. Sappiamo quando l’altro ha effettuato l’ultimo accesso, sappiamo che ha letto il nostro messaggio, sappiamo che non ha risposto. Gli ingredienti della crisi ci sono tutti, perchè vanno a nutrire le debolezze di ognuno di dubbi, di informazioni parziali, pensieri quasi magici su quello che l’altro prova e sulle cause degli eventi.
Tutto è veloce e frammentato e segnato da ossessioni (comprare, chattare, relazionarsi, essere online) che nascondono la paura di non esistere e alimentano il senso di solitudine. In questo, app e social, da una parte offrono una finestra sul mondo sempre aperta, utilizzabile quando ci si annoia, quando si ha bisogno di qualcuno, quando ci si sente soli, dall’altra danno a tutto un colore di urgenza e di ansia qualora il nostro messaggio non venga subito recepito come noi desidereremmo. La frustrazione non trova posto in questa comunicazione. L’attesa si carica di domande che non accettano lo spazio dell’altro. Un silenzio come risposta ad una qualunque frase su WhatsApp ha il potere di abbassare l’autostima, di peggiorare l’ansia, di rinforzare la sensazione di fragilità. L’attesa diventa impossibile da accettare, come il tempo dell’altro e delle cose della vita.
Fermiamoci un attimo a pensare e valutiamo se abbiamo deciso di farci fagocitare da modi di comunicare e di relazionarci di questo tipo oppure desideriamo riprendere la consapevolezza e la gestione dei nostri rapporti, utilizzando tali strumenti di importante evoluzione con il significato che dovrebbero avere.