Di L.G. Grandi
L’edificio teorico del traumatismo psichico, quale teoria esplicativa della psicogenesi delle nevrosi, palesa crepe sempre più evidenti e viene sostituito dalla teoria della fantasia di desiderio. Il baricentro psicogenetico delle nevrosi diviene così appannaggio più dell’endon che della relazione. Si propone quindi una diserzione del mondo interattivo a favore di un’introflessione dello psichico nei confini della mente. I traumi infantili vengono a costituire una categoria entro la quale anche la clinica dell’adulto viene pensata. Si procede pertanto nella ricerca della “costituzione di un senso” di quanto si osserva e le caratteristiche richiamano un processo analogico metaforico.
La clinica terapeutica si deve preoccupare degli emblemi dei traumi infantili o di allusioni ad essi. Il trattamento deve poter generare “situazioni” come premesse per poter avviare prima un processo di separazione, quindi di sviluppo. Spesso si riscontra un antagonismo e un’incompatibilità fra il trauma e la sua rappresentazione. Particolare attenzione viene posta a ciò che non ha avuto luogo, e si deve considerare ciò che non ha potuto avere luogo, e cioè “un’esperienza dolorosa negativizzante” che comporta un’“auto-lacerazione”. Il traumatico finisce con l’indirizzare l’aspetto più specificatamente economico del traumatismo, in relazione alla fragilità e ad un difetto del parastimoli. Concludendo: il trauma designa essenzialmente la forza negativa e disorganizzatrice dell’azione traumatica.