Di Stefania Caudana
Ci sembra interessante, all’interno di questo lavoro, affrontare quali implicazioni culturali, sociali e psicologiche abbia il digitale nello sviluppo dei giovani. In particolare se e come le “relazioni virtuali” sostituiscano, integrino o entrino in conflitto con quelle “tradizionali”. È allora necessario considerare che ogni nuova generazione, per potersi individuare, deve seguire un proprio percorso culturale. Nell’era digitale come si muovono gli adolescenti nel loro processo di crescita? Quali sono gli scenari ed i confini entro i quali si formano? Come possiamo, noi adulti, entrare in un contatto autentico con loro e accompagnarli verso l’adultità? Quale il rapporto tra il mondo reale ed il mondo immaginario/virtuale? E il corpo, così centrale in adolescenza con le sue complesse modificazioni, che ruolo gioca? Queste e molte altre domande vengono poste quando incontriamo le agenzie formative (genitori, insegnanti, educatori, …) che si trovano a dover affrontare il complesso mondo adolescienziale. Se per adolescenza continuiamo a considerare quel periodo evolutivo che ha come compito centrale il processo di separazione e di individuazione rispetto alle figure genitoriali e al modello da loro offerto, certo appare ulteriormente complicato il processo volto alla costituzione della propria identità, affiancata spesso quando non sostituita da identità virtuali che il ragazzo sente come autentiche, con l’impossibilità di vivere le necessarie esperienze, anche frustranti, che portano attraverso l’azione sul e nel reale, alla consapevolezza della propria forza e delle proprie caratteristiche. Certo tutto ciò porta come conseguenza anche la presa di coscienza dei propri limiti: nel virtuale, in modo esattamente contrario a ciò che avviene nel reale, il mondo si apre ad una infinità di “possibili”, nessuno realmente vero, ma nessuno a rischio di doversi confrontare con il limite degli oggetti fisici. Ecco che l’adolescente, quasi per sfuggire al rischio di scoprire in cosa non eccelle, cosa non ha, nella finzionale sensazione di “potere” tutto, non permette alle proprie capacità di prendere forma, di diventare reali, con il relativo senso di poter agire sulla realtà: cercando di mantenere l’infantile sensazione di onnipotenza, aiutato dalla dimensione virtuale, sviluppa a poco a poco un invalidante senso di impotenza e di vuoto. Ma un ambiente di possibilità infinite non è per nulla nutriente, anzi diventa annichilente se non è reale. In questa onnipotenza virtuale le nostre società sembrano aver abbandonato la sfera del pensiero e ogni scelta è diventata così angosciante che non è più possibile attuarla. Si accompagna a questo uno scarso utilizzo del corpo che nell’era digitale risulta sempre più alienato rispetto alla persona, sempre meno accessibile. Spesso la difficoltà di comunicazione tra genitori ed adolescenti fa riferimento all’utilizzo di due “linguaggi” differenti: le generazioni precedenti utilizzano il linguaggio analogico _ regno in cui si sviluppa il simbolico_ mente i ragazzi utilizzano appunto il linguaggio digitale, che utilizza un sistema binario basato sulla percezione. Quest’ultimo scenario è ben rappresentato nella serie “Black Mirror”, serie cult oscura in cui le tecnologie, applicate al corpo, arriveranno a distruggere i capisaldi attraverso i quali siamo soliti definire il campo delle nostre azioni, delle nostre responsabilità, dei nostri desideri. Il tutto in una realtà frammentata come quella digitale, in cui concetti come il tempo e lo spazio subiscono trasformazioni epocali, in cui l’incontro con l’altro è sostituito dal contatto spesso mediato dagli strumenti tecnologici. Cosa possiamo fare noi adulti, disarmati dei vecchi strumenti, ad aiutare questi adolescenti digitalmente modificati? Prima di tutto dobbiamo entrare nel loro mondo, conoscerlo, farci accompagnare da loro; solo così, da dentro, potremo cercare di aiutarli a “rallentare” la velocità delle immagini, per poterne fermare qualcuna e gettare le basi per la creazione della capacità di pensiero, di ri-flessione, di argomentazione. Il digitale ha offerto grandi opportunità, se non si perde tutto quello che è la storia: anche nell’era 4.0 alcuni passaggi di crescita necessitano ancora degli stessi elementi e forse… i ragazzi stanno solo cercando i loro. Ma la ricerca richiede che non si sia soli.
“Lino G. Grandi, non ti stanchi di ripetere, quando parliamo di adolescenti, di fare attenzione a non viziarli. Ricordi come la società narcisistica e individualistica abbia preso in ostaggio gli adolescenti imprigionandoli in gabbie dorate piene di oggetti e di sollecitazioni, ma povere di relazioni e di affetti autentici. Non temiamo l’incontro con i nostri figli, né di farli soffrire. Grazie.”