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La strada luminosa e tortuosa della psicoterapia

La strada luminosa e tortuosa della psicoterapia BLAST

Lino G. Grandi

Lo stile di vita, le aspettative, la progettualità, la preparazione ad affrontare le complessità della vita, sono tutt’altra cosa rispetto all’originaria, pur se datata, scelta di vita di porsi al servizio dei sofferenti, nell’anima e nel corpo. 

Acquisita quella che ritengo, con umiltà, una certa qual professionalità, mi sono assunto l’impegno di formare gli aspiranti psicoterapeuti e, contemporaneamente, ho proseguito il servizio ai sofferenti di disturbi o di disagi psicologici; ho considerato – forse a torto – di poter essere ancora propositivo, creativo, capace di immergermi nei meandri più oscuri della psiche umana; devo al contempo coscientizzare che gli anni trascorrono e che non è lontano il momento fatidico vuoi dell’abbandono dell’amata professione, vuoi della vita.

Qualora le difese consce ed inconsce mi distraessero dal principio di realtà, allievi e pazienti, sollecitati sin dall’inizio dei nostri incontri, a rivelare i sentimenti, i pensieri, i sogni, gli accadimenti, le emozioni, altro …, avvertono l’esigenza di condividere e di comunicare la realtà del trascorrere del tempo.

Spesso, persone cui è stato suggerito il mio nome (o che intendono segnalarlo), incontrandomi in studio mi domandano: “Completa i casi che sta trattando e ne prende ancora di nuovi?”.

Fanno capolino, con una certa frequenza, nei cultori della psicoterapia, fantasie inconsce di onnipotenza; pur nella consapevolezza del trascorrere del tempo e delle probabili, spesso inevitabili, conseguenze, operano -dette fantasie- subdolamente, inducendo modalità esistenziali di “negazione” vuoi del più che probabile degrado fisico e spesso psichico, vuoi della inevitabilità della morte; forse non lo ammetteremmo mai, ma nel profondo vi è una tendenza a credere di essere speciali, di essere esentati da quell’involuzione che diamo per scontata allorché riguarda gli altri.

A livello conscio, l’evidenza delle ferite del trascorrere del tempo, dalla riduzione della vita alle difficoltà digestive, cardiache, di respirazione, di deambulazione ed altro, non trascurando il presentarsi di vere e proprie malattie, anche ad esito infausto, l’evidenza, dicevo, è fuori discussione, è inevitabile.

Nel profondo si agita una domanda “perché io?”; e si rileva quanto sia scarsamente avvertito che si è prossimi a precipitare nel ridicolo. È come se, mi rifaccio alla mitologia, una ninfa ci avesse immerso nella fonte della salute sempreterna; le fantasie che i limiti riguardano esclusivamente gli altri, ci pervadono; solo il richiamo al principio di realtà che, pur con qualche timore, viene introdotto dai pazienti, di necessità ci riporta alla opportuna e prudente consapevolezza.

Col progredire degli anni, le mete, gli interessi, le ambizioni, tanti aspetti della nostra esistenzialità, necessitano di essere riconsiderati: nella formazione di coloro che avvertono interesse per il servizio di psicoterapeuta, la preparazione alla gestione del trascorrere del tempo deve condurre all’esercizio di quella fase “post-narcisistica” nella quale deve essere presente la presa di coscienza della necessità di spostare l’ottica dell’espansione di sé verso la cura e la promozione di quell’umanità che proseguirà il proprio cammino, anche dopo che avremo concluso il nostro ciclo di vita. Lo sguardo deve essere rivolto alle generazioni a venire. L’obiettivo è il riuscire a trasmettere ciò che la vita ci ha insegnato.

È doveroso inoltre considerare il contesto nel quale si sta attualmente operando. Il campo della psicoterapia sta attraversando, da qualche tempo, un periodo di crisi. Offrire pertanto guida ed ispirazione può apparire avulso dalla realtà.

I segnali che provengono dal Servizio Sanitario e da una cultura depauperata pervengono e sono guidati dai principi dell’economia; ne consegue l’esigenza di una radicale modifica della cura psicologica, un adeguamento verso un’ottimizzazione del tempo e dei costi. I requisiti richiesti dalla realtà attuale richiamano in particolare la brevità e sembrano ignorare l’inevitabilità di un precipitare in tal modo nel superficiale e nell’inconsistente.

La preparazione e la professionalità della prossima generazione di efficienti psicoterapeuti, richiede – anche eticamente- di essere perseguita. Quali metodologie possono e debbono essere reperite per proseguire nell’opera di servizio alla salute, che è la nostra missione?

Si deve inoltre considerare che il trattamento più adeguato, cioè la psicoterapia psicodinamica, nel contesto storico attuale, sembra destinato all’estinzione, od al più ad una nicchia di umanità che intende promuovere non tamponi per gli eventuali disturbi e/o disagi, bensì un sano e duraturo benessere.

D’altronde, si deve assumere che i programmi di formazione in psicologia clinica, più che della effettiva validità ed utilità, si avviano a subire passivamente, senza reattività alcuna, le pressioni del mercato: ne consegue un insegnamento di metodologie terapeutiche maggiormente, quando non esclusivamente, orientate sui sintomi, possibilmente di breve durata e pertanto passibili di rimborso dalle organizzazioni che prevedono forme assicurative.

Condivido una perplessità: come non essere preoccupati nei riguardi di una psicoterapia deformata dalle pressioni economiche e conseguentemente impoverita da programmi di formazione radicalmente abbreviati?

Probabilmente in futuro, constatando i danni che inevitabilmente verranno provocati, si proporrà uno stuolo di psicoterapeuti (provenienti da discipline diverse -ad esempio dalla psicologia, alla sociologia, alla filosofia clinica) – che vorrà perseguire una rigorosa formazione post-laurea e prescindendo dall’HMO -Organizzazione per la manutenzione della salute- si incontrerà con pazienti desiderosi di crescita umana e di cambiamento, e quindi disposti ad un adeguato ed utile impegno, senza porre limiti castranti e depauperanti della terapia.

Mi auguro non si tratti solo di una speranza; l’umanità non può desistere dal migliorarsi e dalla ricerca del benessere.

Devo condividere che sono rattristato per come la psicoterapia possa aver subito la devastazione indotta dalle pressioni economiche e di conseguenza impoverita da programmi che al più sono di addestramento, non certo di formazione, programmi dicevo “radicalmente abbreviati”.

Da tempo opero con gli allievi per una psicoterapia non settaria, bensì integrata e suggerisco di conseguenza un pluralismo terapeutico, un sano e proficuo eclettismo, purché intelligentemente armonizzato, che possa avvalersi di aspetti probanti tratti anche da differenti approcci terapeutici. La cornice di riferimento ha da essere comunque interpersonale ed esistenziale.

La mia immersione nella piscina della psicologia clinica, è stata promossa da due sollecitazioni nonché stimolazioni troppo spesso affrontate approssimativamente; l’analisi del profondo (psicoterapia psicodinamica) e il lavoro psicologico di gruppo (attualmente proposto come socioanalisi di gruppo). Richiedono professionalità parallele e non sovrapponibili. È evidente la differenziazione dei due approcci: da un lato il nucleo operativo prevede una relazione uno a uno (dove semiologicamente è previsto il porsi dell’uno di fronte all’altro, secondo il dettato della Individual-psicologia comparata); dall’altro l’ambiente in cui si opera, per lo più composto da un trainer, un co-trainer ed otto o nove partecipanti. La socio-analisi ha una cornice di riferimento interpersonale e spesso si assiste al dilagare della sofferenza dovuta anche all’incapacità di sviluppare e sostenere rapporti personali gratificanti.

Spesso, nell’incontro terapeutico, si osserva che i pazienti sprofondano nella sofferenza, allorché si confrontano con aspetti crudeli della condizione umana; per chiarire: quando coscientizzano gli aspetti fenomenici dell’esistenza.

L’Individual Psicologia comparata propone un approccio terapeutico dinamico che si confronta con le problematiche che connotano l’esistenza stessa.

Per “approccio dinamico” ci si deve rifare al pensiero ellenico: dynasthai significa “avere potenza e forza” ed implica una caratteristica essenziale per un terapeuta: grazie ad un lavoro di “rinforzo dell’io” presentare vigore e vitalità; ne deriva il dover consapevolizzare l’inadeguatezza di terapeuti che propongono modalità relazionali che possano apparire come poco vitali, tendenzialmente passive, scarsamente propositive.

Certo che se le suddette sono, almeno in parte cospicua, nostre caratteristiche, dovremmo lavorarci su con impegno e perseguire per intanto un nostro processo di crescita.

Freud ricorreva al termine “dinamico”, mantenendo ovviamente il presupposto della “forza”, riferendosi però ad un modello di funzionamento della mente, laddove le forze in conflitto nell’area dell’intrapsichico, sono poi le stesse che generano il pensiero, i comportamenti, le emozioni, quel coacervo cioè di aspetti che si interrelazionano e spesso sprofondano ingolfate in disarmonie.

Le suddette forze si pongono in conflitto od in relazione operando in parte a livello cosciente; spesso però operano nell’ambito dell’inconsapevole, in quell’area definita dalla psicoanalisi “inconscio”.

La psicoterapia psicodinamica, nei confronti del conflitto interiore (quando riconosciuto) che devasta il nostro benessere, non si limita all’assunto freudiano di lotta con i desideri istintivi repressi, o con quanto si è introiettato  nel processo di crescita dalle figure significative che ci hanno accompagnato, né, come si presupponeva decenni or sono, con frammenti di ricordi traumatici rimossi, ma considera significativi e fondamentali quegli aspetti che impattano con noi nel corso dell’esistenza.

Non mi soffermo sulle difficoltà che ognuno incontra nel quotidiano. Nel corso di supervisioni con colleghi considerati “capaci”, spesso ho indagato se vengono affrontate questioni esistenziali di assoluta pregnanza: ne cito alcune: “la morte, la solitudine, il significato della vita, la libertà, l’immaginario sessuale, la posizione rispetto la religione, il sentimento sociale e di cooperazione, la gratitudine ecc.”

L’obiettivo di una guida non è quello di costruire percorsi psicodinamici alternativi, bensì quello di far dialogare il terapeuta con le forze inconsce che influenzano -ben lo sappiamo- il comportamento cosciente.

Ma qual è la natura delle forze interne in conflitto? Dobbiamo consapevolizzare che il disagio intrapsichico non origina solo, come affermava la vetero-psicoanalisi, dalla lotta con i desideri istintivi repressi, o per l’influenza dei cosiddetti “significativi” (le figure che abbiamo introiettato nell’infanzia e nella prima adolescenza) oppure – secondo quanto sottolineato dai primi maestri di psicoanalisi – da frammenti di ricordi traumatici rimossi; è doveroso, per l’odierno psicologo clinico, il confronto con i “dati di fatto” dell’esistenza.

In un procedere psicoterapeutico, si debbono considerare sia il contenuto, sia le modalità che connotano il “processo”. Il contenuto non necessita di spiegazioni: la lingua italiana al riguardo è chiara. Più complesso e meritevole di riflessioni è il processo. Fra l’altro implica -e fa tremar le vene ai polsi- la relazione personale tra il paziente e il terapeuta. 

Si tratta di un’interazione che comprende il verbale ed il “non verbale, che richiede la necessità di una decodifica finalizzata alla comprensione della natura del rapporto tra le parti coinvolte nell’interazione.

Va detto che una psicoterapia psicodinamica, fermo restando l’approfondita conoscenza della teoria di riferimento e delle modalità tecniche, non dovrebbe essere condotta “a prescindere”, bensì guidata dalla costruttiva immersione e decodifica della relazione. Nell’ambito della relazione, acquisiscono pregnanza i problemi esistenziali che a loro volta influenzano significativamente la natura della relazione stessa, sia in generale che nella specifica seduta, tra il terapeuta ed il paziente.

La formazione di uno psicoterapeuta postula da parte del Maestro la propensione a fornire suggerimenti, tratti dagli studi, dalle ricerche, nonché dalla sua esperienza.

Non sotto forma di lezione, pur essendo necessaria ed importante, ma, acquisite le basi, la frequentazione di compagni di viaggio che vogliano condividere le loro esperienze, mettendosi in discussione, confrontandosi dinamicamente con i colleghi, praticamente “frequentando una “bottega”, nell’accezione rinascimentale del termine. Si potrà così riconsegnare alla psicoterapia la dignità che le appartiene ed ai desiderosi di migliorare la qualità della loro vita, un servizio idoneo e promozionale. 

L’auspicio è un futuro migliore per noi tutti.

La stanza virtuale della terapia in età evolutiva.Esperienze e riflessioni sulla psicoterapia dell’infanzia ai tempi del COVID-19: contesto, setting, strumenti, immaginario e creatività.

La stanza virtuale della terapia in età evolutiva.Esperienze e riflessioni sulla psicoterapia dell’infanzia ai tempi del COVID-19: contesto, setting, strumenti, immaginario e creatività. BLAST
GIAN SANDRO LERDA, VERONICA LO SAPIO, FRANCESCA DOGLIANI

Summary – THE VIRTUAL ROOM OF THERAPY IN DEVELOPMENTAL AGE. EXPERIENCES AND REFLECTIONS ON CHILD PSYCHOTHERAPY AT THE TIME OF COVID-19: CONTEXT, SETTING, TOOLS, IMAGERY AND CREATIVITY. The age we are living in, with its own particular challenges, may seem like a time of bewilderment: SARS-Cov-2 Pandemic is changing our lives and also our way of working. Lockdown experience got us to face new challenges not only in our personal and family life, but also in our psychotherapy work. During this period, PC use and virtual meeting with our young patients have increased. It is a new method to stay with them that arouses a lot of questions. In this work we present some reflections about what children have experienced during the lockdown and what the impact it may have. Individual Psychology cannot but start from the analysis of the situation in which we are. So, in the first part of the article, we analyze some scientific studies about psychological impact of lockdown on children and the effectiveness of online therapy with them. There are a lot of questions about this. How can I work with children imaginary through a screen? Is it possible? What kind of tools can I use to do this? In the second part of the article, we report the experience we share as a Child Therapy team in the Institute of Individual Psychology “A. Adler”. We think that, as Individual Psychotherapists, we have to use our creative- Self to find innovative ways. We have tried to explain our work through some examples of individual therapy and also of group therapy.

Keywords: PSICOTERAPIA INFANTILE – COVID – ONLINE

I. Introduzione

La Psicologia Individuale considera la vita dell’individuo come un’unità inserita nel contesto delle sue relazioni sociali [7]: lo psicoterapeuta ad indirizzo Individual-psicologico non può prescindere dal collocare la persona che incontra nel suo ambiente di vita e nel contesto socio-culturale allargato di appartenenza [1], considerando attentamente le rapide evoluzioni costantemente in atto [24]. Oggi più che mai, in questo tempo eccezionale di pandemia, non possiamo esimerci, nell’esercizio della nostra pratica clinica, dall’osservare e dal riflettere su ciò che sta accadendo nel mondo. Stiamo vivendo un momento storico significativo: un’emergenza sanitaria, economica, sociale ed educativa senza precedenti che sta incidendo profondamente sulle nostre vite. Sul piano psicologico, ai vissuti di paura, ansia o angoscia provocati dalla minaccia alla salute che il virus SARS-CoV-2 rappresenta a livello planetario, si aggiungono le esperienze dei lockdown, variamente messi in atto in molti Paesi: le più o meno significative restrizioni alla vita delle persone poste in essere hanno costituito un momento di assoluta novità, generatore di inquietudini e di obbligate trasformazioni degli stili di vita, alcune delle quali potrebbero rivelarsi non così transitorie [14, 29].

Risulta fondamentale per lo psicoterapeuta cogliere e comprendere i processi di cambiamento in corso, anche attingendo agli studi e alle ricerche che si stanno sviluppando in vari ambiti –

psicologico, sociale, economico, giuridico – poiché costituiscono i sistemi di riferimento alla luce dei quali acquisiscono significato i comportamenti e i vissuti che i pazienti portano in seduta [22].
Allo stesso tempo tali cambiamenti impongono un aggiornamento degli strumenti professionali e delle modalità di lavoro degli psicologi clinici, che si sono dovuti adattare temporaneamente a forme alternative di psicoterapia a distanza [12], ma che ora si interrogano su quanto questa opzione possa diventare una delle possibilità di intervento, anche usciti dalla fase di emergenza, in linea con esperienze e studi già sviluppati in precedenza sulla psicoterapia online [5, 37, 38, 42].

Anche gli autori del presente articolo, psicoterapeuti e analisti dell’età evolutiva, si sono trovati nei mesi compresi tra marzo e maggio 2020 a ricorrere in maniera pressoché totale alla psicoterapia online con i loro piccoli pazienti, sviluppando una serie di esperienze e di riflessioni che hanno sentito la necessità di confrontare con le recentissime ricerche che in tutto il mondo stanno fiorendo [10, 13]. Se lo svolgere in modo esclusivo le sedute on line è notevolmente diminuito a partire dalle progressive riaperture, il tema della psicoterapia attraverso il web ha continuato a interrogarci anche oltre quei mesi passati forzatamente sulla rete e non solo sulla differenza tra il dialogo attraverso uno schermo e quello vis a vis. In particolare, quanto esperito in questo periodo ci ha portati a riflessioni più ampie sul setting, sugli obiettivi e sugli strumenti applicabili in tale ambito e tuttora ci pone questioni sull’uso della tecnologia e sulla dimensione del virtuale nella terapia con i bambini. Di fatto, sia il lavoro clinico, sia le esperienze di progetti in diverse scuole inerenti aspetti legati all’utilizzo del digitale da parte dei bambini e degli adolescenti (32), già da tempo ci interrogano su quanto la relazione con i soggetti più giovani possa passare anche attraverso la mediazione di strumenti e materiali tecnologici, che in certe situazioni addirittura favoriscono l’interazione e lo scambio emotivo all’interno della coppia terapeutica. Accanto ai tradizionali oggetti mediatori, sempre più spesso nelle stanze di terapia dell’età evolutiva fa la sua comparsa il computer con una connessione ad internet e tutto ciò che ne consegue (33). Anche in occasione del 27o Congresso Internazionale IAIP di Minneapolis (2017) tale argomento è stato oggetto di confronto nel Panel della Sezione Child and Youth Therapy, su stimolo dei relatori G.S. Lerda, M. Bluvshtein e A. Schedl.

Nella terapia online la stessa stanza di terapia diventa una stanza virtuale e gli strumenti di lavoro come il gioco e il disegno possono svilupparsi su supporto digitale o attraverso la mediazione tecnologica: questo apre alle sperimentazioni e alle riflessioni oggetto del presente articolo.

II. Obiettivi

Il presente lavoro prende le mosse da alcuni studi e ricerche che la comunità scientifica nazionale e internazionale sta producendo in questo periodo, sia per quanto riguarda l’impatto del Covid-19 sulla vita dei bambini e sui loro vissuti, da cui originano malesseri e disagi anche significativi che entrano nella stanza di terapia (paragrafo III), sia rispetto alle trasformazioni della stessa stanza di psicoterapia con il passaggio alle forme online di trattamento, reso necessarie dalla situazione di emergenza sanitaria, ma divenuto occasione di riflessioni più ampie (paragrafo IV).

Nel paragrafo V verranno presentare alcune esperienze cliniche raccolte e confrontate in questo periodo dal gruppo degli psicoterapeuti e degli analisti dell’infanzia dell’I.P.I. “A. Adler”, e si evidenzieranno le modalità adottate per proseguire non solo le psicoterapie individuali, ma anche i percorsi di gruppo con i bambini avviati precedentemente in presenza.

Due sono gli aspetti su cui ci siamo maggiormente interrogati. Il primo riguarda il setting: quanto e come si è modificato nel passaggio alla psicoterapia online? Tali modifiche quanto incidono sulla relazione terapeutica? Quali resistenze del terapeuta nel ristrutturare la seduta con le modalità online? Il secondo aspetto riguarda invece i contenuti della seduta. Se la modalità online ha permesso di mantenere un contatto con il piccolo paziente, rassicurandolo circa la continuità della relazione con il terapeuta in un momento in cui tutte le relazioni con l’esterno erano sospese, è stato ed è possibile

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attraverso uno schermo entrare in contatto con i vissuti più profondi del bambino e avviare o continuare il lavoro sul suo mondo interno? Come avere accesso ad esso quando la relazione è mediata da un computer e i corpi non si incontrano fisicamente? Attraverso quali strumenti e quali tecniche? Quanto il terapeuta è disposto e pronto a mettere in campo il suo Sé creativo per rendere efficace uno strumento che probabilmente sempre più dovrà entrare nelle nostre abitudini lavorative?

Nel paragrafo conclusivo (VI) si proporrà una sintesi delle prime riflessioni formulate su questi temi e confrontate con la letteratura presa in considerazione, riflessioni che andranno senza dubbio riviste e ampliate in seguito ad ulteriori sperimentazioni e confronti, trattandosi di aspetti innovativi e in rapida evoluzione.

III. Cosa è successo ai bambini durante il COVID?

Da un punto di vista medico, la pandemia ha fortunatamente interessato in misura minore la popolazione italiana al di sotto dei 15 anni di età. Come si legge sul sito del Ministero della Salute: “

Le evidenze scientifiche disponibili – chiarisce l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) – indicano che nei

pazienti pediatrici l’infezione causata da SARS-CoV-2 si manifesta con un

rispetto all’adulto. I bambini hanno infatti una letalità decisamente inferiore rispetto agli

adulti, che si aggira intorno allo 0,06% nella fascia di età 0-15 anni. Finora, i dati pubblicati

dell’ISS riportano 4 decessi sotto i 9 anni e nessuno tra i 10 e i 19 anni. I sintomi di

Covid-19 nei più piccoli sono spesso assenti o lievi, tuttavia l’infezione in alcuni casi può comportare lo sviluppo di complicanze o forme cliniche peculiari. Ecco perché va comunque posta molta attenzione quando i bambini manifestano i sintomi dell’infezione, soprattutto se con meno di un anno

di età e in presenza di condizioni patologiche preesistenti.” [36]

favorevole nel bollettino

andamento clinico più

Tuttavia, a fronte di un debole impatto sulla salute fisica, diverse sono le conseguenze psicologiche sui bambini e sugli adolescenti della situazione che stiamo vivendo, in particolare in relazione alle esperienze di lockdown. Sempre sul sito del Ministero si legge: “L’isolamento a casa durante l’emergenza da nuovo coronavirus ha causato l’insorgenza di problematiche comportamentali e sintomi di regressione nel 65% di bambini di età minore di 6 anni e nel 71% di quelli di età maggiore

di 6 anni (fino a 18). È quanto emerge da un’

indagine

sull’impatto psicologico e comportamentale

nei bambini e negli adolescenti in Italia, condotta dall’Ospedale pediatrico Gaslini di

del lockdown

Genova”. [36]

L’Ospedale Gaslini ha attivato, fin dall’inizio dell’emergenza, un’indagine scientifica per monitorare l’impatto della pandemia sullo stato psicologico di bambini e famiglie. Si legge nel resoconto: “I sintomi post Covid che emergono maggiormente riguardano: disturbi di somatizzazione, disturbo post traumatico da stress e disturbi dell’adattamento. Per quel che riguarda i bambini al di sotto dei sei anni i disturbi più frequenti sono stati l’aumento dell’irritabilità, disturbi del sonno e disturbi d’ansia (inquietudine, ansia da separazione). Invece nella fascia d’età 6-18 aa. i disturbi più frequenti riguardano la “componente somatica” (disturbi d’ansia e somatoformi come la sensazione di mancanza d’aria) e i disturbi del sonno (difficoltà di addormentamento, difficoltà di risveglio per iniziare le lezioni per via telematica a casa). In particolare, in questa popolazione si osserva una significativa alterazione del ritmo del sonno con tendenza al “ritardo di fase” (adolescenti che vanno a letto molto più tardi e non riescono a svegliarsi al mattino), come in una sorta di “jet lag” domestico. In questa popolazione di più grandi è stata inoltre riscontrata una aumentata instabilità emotiva con irritabilità e cambiamenti del tono dell’umore” (43).

Nella stessa ricerca viene evidenziato come il livello di gravità dei sintomi e dei comportamenti disfunzionali correli statisticamente con il grado di malessere espresso dai genitori in relazione alla

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pandemia e come questo dato risulti, invece, statisticamente indipendente dalla pregressa presenza di disturbi nella sfera psichica dei genitori.

Diversi studi evidenziano come la condizione di stress psicofisico a cui i bambini sono stati sottoposti nella primavera 2020 a causa del lockdown, abbia avuto ripercussioni fisiche e psicologiche significative, che si sono sommate alle reazioni emotive legate alla paura del contagio [15, 17, 39, 40].

In un’indagine pubblicata nel 2013 [41] sulle reazioni psichiche dei bambini e delle famiglie ai fenomeni pandemici, in seguito al contagio da SARS negli USA, si evidenziava come il supporto emotivo da parte dei genitori sia il fattore di protezione principale per l’insorgere di sintomi psicopatologici nei bambini durante e dopo le pandemie. In quella ricerca emergeva anche un altro dato importante: nei bambini sottoposti ad isolamento e quarantena il 30% aveva sviluppato sintomatologie legate ad ansia e altri aspetti post traumatici; nei bambini non costretti all’isolamento solo l’1% presentava tali sintomi. Considerando che in questa nuova pandemia da Covid-19 i bambini sottoposti a isolamento in tutto il mondo sono stati 1,5 miliardi (34), immaginiamo le proporzioni del fenomeno e l’entità del malessere psicologico diffusosi tra i minori.

Si può ipotizzare che le conseguenze emotive legate alla paura per la pandemia e gli effetti del lockdown sugli stili di vita e sulla salute psichica dei bambini e degli adolescenti possano protrarsi nel tempo [6], anche perché ad essi si vanno ad aggiungere i vissuti relativi al periodo che possiamo definire della “ripartenza”, dove i bambini hanno ripreso le precedenti attività – vuoi scolastiche, vuoi sportive o aggregative – ma con modalità del tutto nuove, che hanno richiesto un notevole adattamento [11]. Nel momento in cui stiamo scrivendo inoltre, con l’arrivo della seconda ondata, si sta rendendo necessario un ulteriore riadattamento, con pesanti incertezze rispetto alle prospettive future.

Tuttavia dobbiamo anche considerare che, in tale quadro di instabilità e precarietà, notevoli sono le capacità di adattamento e di resilienza che è stato possibile osservare fin dall’età della prima infanzia [16, 20, 35]. I mesi di lockdown, inoltre, hanno permesso ad alcuni bambini di recuperare pezzi mancanti di esperienza: giornate condivise con entrambi i genitori, ritmi tranquilli e poco frenetici cui erano avvezzi solo in vacanza. Nella fase iniziale molti bambini hanno vissuto serenamente nelle loro quattro mura, godendo dell’eccezionalità della situazione familiare. A lungo andare però, lo stress e le preoccupazioni hanno iniziato a mostrare i loro effetti, spesso prima sugli adulti e poi, come rispecchiamento, anche sui bambini [34]. Inoltre, le famiglie che presentavano già precedentemente un equilibrio precario sono state messe a dura prova dalla situazione generale e dalla convivenza forzata, soprattutto laddove la coppia genitoriale risulta disfunzionale [18].

Considerata l’importanza che ha per l’individuo la sperimentazione armonica nei tre ambiti vitali [3, 4], la mancanza del contesto scuola/lavoro e delle relazioni sociali ha certamente creato, nel lungo termine, un disequilibrio fonte di disagi e manifestazioni di malessere. Se è vero che per un bambino il nido domestico e la relazione con i genitori costituiscono un bisogno primario, è altresì fondamentale, sin dalla prima infanzia, l’esperienza del confronto con gli altri, del socializzare, dello sperimentare se stesso anche fuori della porta di casa. Lo stare insieme con i pari, in aula come in altri ambienti di aggregazione, costituisce uno “spazio potenziale” [44] o spazio di gioco, in cui il bambino condivide sia gli aspetti problematici del suo sviluppo sia le potenzialità evolutive. Il gruppo dei coetanei svolge una funzione di “holding” e favorisce i processi di integrazione intra-individuale e inter-individuale [24], facendo leva sul desiderio di ciascun bambino di crescere e svilupparsi

Se gli adulti e gli anziani sono stati costretti a ridurre drasticamente i contatti con i propri familiari

e amici, vivendo una condizione, seppur cautelativa, di solitudine forzata, i bambini hanno sperimentato un ulteriore, grave depauperamento: quello dei momenti di gioco tra pari, fondamentali

per la costruzione della loro futura personalità [21].

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attraverso i rapporti con gli altri [2]. Il gioco, in particolare quello con i pari, si nutre della quotidianità e rappresenta per il bambino uno spazio e un tempo protetti per fare, divertirsi, esplorare, conoscere, orientare energie, rappresentare umori, sensazioni e affetti, misurarsi con se stesso e con le cose, comunicare, esprimersi, socializzare. Nel gioco il bambino esplora l’ambiente e al contempo il proprio mondo interiore, prendendo confidenza con il proprio personale modo di stare bene o di stare male. Mettendo in scena avvenimenti e situazioni della quotidianità, come in una palestra naturale, in uno spazio intermedio fra il fantastico e il reale, si allena ad incontrarsi con la vita e ad interagire con la realtà [44].

La mancanza di tali esperienze è stata vissuta con fatica dai bambini e le lezioni online, che hanno sostituito l’incontro in classe per il lungo periodo di chiusura delle scuole, hanno mostrato nel tempo i loro limiti, soprattutto sul piano relazionale. Sono venute a mancare o sono state pesantemente penalizzate alcune esperienze fondamentali nel processo di crescita e di costruzione della personalità: il “riconoscimento” e i rispecchiamenti identitari che provengono dall’incontro con le figure esterne alla famiglia, l’amico, il compagno di karate, la maestra, l’allenatore, il compagno di classe [24]. Tanti pezzetti di identità si sono congelati, restando in stand-by: è infatti l’incontro con l’Altro che permette di riconoscere e di definire se stessi [26].

Anche per i bambini seguiti per vari motivi in psicoterapia si è presentata la possibilità di una sospensione dei percorsi psicologici in corso: il lockdown e i rischi di contagio hanno spesso limitato le possibilità di spostamento e hanno posto clinici e famiglie di fronte alla necessità di trovare soluzioni alternative, tra cui la prosecuzione in forma telematica [10].

IV. La psicoterapia online con i bambini: linee guida

Nei percorsi di formazione accademici degli psicologi e degli psicoterapeuti non è prevista normalmente l’acquisizione di competenze specifiche per condurre interventi a distanza, con l’ausilio dei mezzi tecnologici. Inoltre in età evolutiva, in particolar modo per quanto concerne l’infanzia, sono state molto rare e limitate a situazioni particolari (come ad esempio con i bambini con malattie autoimmuni) le esperienze di terapia on line prima dell’emergenza Covid [28].

In attesa di aggiornamenti dei percorsi curriculari e di una maggiore diffusione di formazione dedicata, sono comparsi sulla rete in questi mesi alcuni studi e raccolte di indicazioni per orientare i tanti professionisti che si sono trovati a dover convertire i propri interventi in modalità online, dovendo conciliare la necessità di non abbandonare i propri pazienti interrompendo i percorsi avviati, con l’imperativo etico di possedere le competenze necessarie per svolgere adeguatamente il proprio lavoro.

In particolare, per quanto concerne gli interventi di psicoterapia in età evolutiva, l’Association of Child Psychotherapists ha diffuso un documento di sintesi contenente alcune linee guida per il lavoro in remoto con bambini, adolescenti e famiglie [8].
Secondo gli autori del documento per avviare una psicoterapia online è necessario prestare attenzione ad alcuni aspetti: l’idoneità del bambino e della famiglia per un lavoro a distanza; il livello di competenza del terapeuta; l’adeguatezza della tecnologia; il livello di rischio; la capacità della rete attorno al bambino di funzionare a distanza; la capacità della supervisione di supportare adeguatamente il lavoro clinico.

Non per tutti i bambini è indicato il passaggio alla psicoterapia online e non tutti i terapeuti sono adatti a questa forma di lavoro. I fattori su cui riflettere sono:

• I genitori sostengono l’idea della psicoterapia da remoto? Hanno la capacità di capire il bisogno di riservatezza del proprio figlio e sono in grado di garantire uno spazio adeguato?

  • È necessario prendere in considerazione l’età dei pazienti, la natura delle loro difficoltà e la loro capacità di utilizzare correttamente una piattaforma online.
  • Alcuni bambini e ragazzi si siedono e parlano, mentre altri giocano e si muovono molto. Per ogni bambino deve essere valutata la fattibilità e la possibilità di gestire il lavoro a distanza.
  • Il giovane paziente è già stato visto in modalità faccia a faccia e ha già costruito un’alleanza di lavoro con il terapeuta? Una terapia già avviata da tempo può spostarsi più facilmente nella modalità online, rispetto ad un percorso appena avviato.
  • È bene valutare attentamente il livello di rischio prima di avviare una terapia online, soprattutto per quanto concerne possibili agiti.
  • Considerare anche l’eventualità che il giovane paziente utilizzi scorrettamente la modalità online (ad esempio registri i contenuti delle sedute e diffonda su internet).
  • Se il lavoro a distanza con il bambino o l’adolescente risultasse controindicato in base ai criteri sopra evidenziati, potrebbe essere opportuno offrire un’alternativa provvisoria di intervento, come ad esempio un percorso di sostegno genitoriale o sedute di terapia con il bambino in presenza dei genitori.
  • Il terapeuta dovrebbe sentirti sufficientemente competente nell’uso della piattaforma scelta per le sedute online e disporre di una buona connessione. Dovrebbe inoltre usufruire di una supervisione regolare: adattare il proprio lavoro ad una nuova modalità potrebbe inizialmente richiedere anche una supervisione più frequente.
  • Particolare attenzione va posta al rapporto con i genitori e allo stabilire con loro una stretta collaborazione. È consigliabile incontrare preliminarmente i genitori prima di iniziare un percorso online con un minore, per impostare alcuni basilari parametri di lavoro: garantire uno spazio e un tempo sicuri e riservati per le sedute del bambino, configurare il PC e verificare la connessione prima degli incontri, stabilire le modalità di avvio e chiusura delle sedute, prevedere una possibilità di contatto nel caso la connessione si interrompesse o il bambino chiudesse la comunicazione o manifestasse particolari turbamenti, preparare il materiale ludico o di altro tipo necessario per lo svolgimento delle sedute, stabilire la frequenza degli incontri.
  • Da considerare infine alcuni aspetti tecnici, come l’inquadratura per consentire al meglio la trasmissione della comunicazione non verbale, l’illuminazione, lo sfondo, la velocità dell’eloquio, la modulazione della voce, la gestione del silenzio, delle interruzioni volontarie della connessione da parte del paziente o dei comportamenti disregolati o iperattivi che possono richiedere anche l’intervento straordinario del genitore.
  • Oltre alle indicazioni e alle linee guida relative alla costruzione del setting online e alla rimodulazione del contratto e della relazione terapeutica, al momento si trovano ancora pochi contributi significativi pubblicati ufficialmente sugli strumenti, i materiali e le tecniche applicabili nella terapia attraverso lo schermo con i bambini (per lo più si trovano in rete riflessioni di colleghi su blog o siti). Ciò che emerge è la possibilità di trasferire in modalità online le tecniche utilizzate in presenza con alcuni accorgimenti, così come l’ipotesi di servirsi degli strumenti digitali che la piattaforma condivisa offre. I colleghi che scrivono su tale argomento sostengono l’opportunità di continuare a condividere con il bambino le modalità di gioco precedentemente utilizzate in presenza, servendosi del materiale disponibile in casa del bambino, talvolta concordando prima con il genitore, in base all’età del paziente, la preparazione di ciò che serve in prossimità dello schermo. Dunque bambole, marionette, animali, personaggi vari, supereroi continuano a essere protagonisti dei giochi e delle storie inventate dei bambini, così come materiale da disegno, plastilina, lego per mantenere la possibilità di costruire e rappresentare [19, 23, 28]. Il materiale può essere liberamente scelto dal bambino di volta in volta tra quello disponibile a casa, oppure richiesto dal terapeuta in base alle esigenze del percorso in atto e alle caratteristiche del bambino [19].

Alcuni autori evidenziano come le piattaforme utilizzate possano offrire ulteriori strumenti di lavoro nelle sedute di psicoterapia infantile [23, 27, 28]. La condivisione dello schermo permette di visionare insieme video, immagini, testi che possono diventare materiale e stimoli terapeutici, così come le chat costituiscono una possibilità di comunicare in forma scritta e i programmi di disegno o pittura online possono diventare strumento per trasferire in forma digitale le attività espressive che precedentemente si effettuavano con carta, matite e colori.

Esistono poi una serie di giochi online che possono essere utilizzati alla stregua dei giochi in scatola, giochi di costruzione e giochi di invenzione, con le stesse finalità con cui si utilizzano in presenza attraverso la manipolazione di materiale fisico [27].

Nelle descrizioni di tali adattamenti alla terapia online, spesso gli autori fanno riferimento a trattamenti già avviati in presenza e all’importanza della solidità della relazione terapeutica instaurata, che permette al bambino e al terapeuta di trovare più facilmente una modalità alternativa di interazione per sopperire all’impossibilità temporanea di vedersi di persona [10].

V. Esperienze cliniche

Nel presente paragrafo intendiamo presentare alcune esperienze cliniche e relative riflessioni effettuate dal gruppo degli psicoterapeuti del Dipartimento di Età Evolutiva dell’I.P.I. “A. Adler”, in relazione alle modalità adottate per poter proseguire i percorsi terapeutici con i bambini, sia individuali che di gruppo, nel periodo di lockdown.

A) Io e te attraverso uno schermo: esperienze di psicoterapia individuale online con i bambini.

La psicoterapia infantile, a nostro avviso, trova il suo fondamento nella possibilità di accedere al modo interno del bambino principalmente attraverso il gioco che scaturisce dall’incontro delle menti e dei corpi del terapeuta e del bambino; nel registro dell’immaginario vi è la possibilità di “mettere in scena” e condividere le rappresentazioni e i vissuti del bambino, per dar vita alle necessarie rielaborazioni ed evoluzioni [9, 31].

Alcune domande sorgono con immediatezza: che cosa cambia quando il piccolo paziente non è fisicamente con noi, ma l’interazione avviene attraverso uno schermo? Come colmare il vuoto creato dalla distanza dei corpi, elementi fondamentali nella relazione terapeutica infantile? Come sopperire alla mancanza del contatto e alla diversa percezione delle sfumature del non verbale?

A rendere ulteriormente necessaria la continuazione dei percorsi terapeutici è stata la situazione di emergenza sanitaria, i cui vissuti correlati richiedono di trovare spazi di espressione e di rielaborazione. Come accedervi attraverso il video? Quali strumenti usare?
Come psicoterapeuti di matrice adleriana, ci è parso doveroso attingere al nostro Sé creativo in maniera ancor più significativa di quanto sia già normalmente necessario nel nostro lavoro, non arroccandoci dietro alla teoria della tecnica, ma lasciando che l’idea di poter lavorare efficacemente con i bambini anche attraverso la mediazione dello schermo si facesse spazio dentro di noi. Proveremo a descrivere come ciò sia avvenuto, anche attraverso esemplificazioni tratte da situazioni cliniche.

Un primo punto di esperienza e di riflessione riguarda il setting: esso assume, nell’incontro online, caratteristiche differenti e peculiari. Abbiamo trovato bambini accomodati in salotto sul divano, altri insieme alla mamma alla scrivania dove svolgono i compiti, qualcuno invece in cucina con la famiglia intera riunita per salutarci, altri ancora nella propria camera sul letto. C’è chi comunica attraverso un computer con postazione fissa o quasi, altri invece con uno smartphone o un tablet che si muove con loro, alternando nello schermo il loro viso ora da vicino, poi da lontano, inquadrando la scatola dei giochi, il letto.

Il setting online di una psicoterapia dell’età evolutiva è caratterizzato da notevoli limiti rispetto alle modalità tipiche di una seduta in presenza, limiti che possono tessere nel terapeuta rabbia, senso di impotenza, fastidio, ma anche nuove aperture creative. Il setting classico vede il terapeuta con una buona padronanza dello spazio: una stanza arredata da lui e un’esperienza pregressa che ha permesso al professionista di assistere a un buon numero di trasformazioni del materiale nel gioco. Il terapeuta è il padrone di casa.

Nella seduta online lo spazio non ha un chiaro padrone di casa, è un’area di mezzo che è sia lo studio del terapeuta, sia la casa del paziente, sia qualcosa di diverso. Per entrambi gli interlocutori il setting online è uno spazio da costruire, come si trovassero in una stanza da scoprire, ma anche da arredare. È uno spazio sospeso e potenziale, un’area “terza” la cui esplorazione e co-costruzione richiede capacità simboliche e collaborative.

Si è posto anche il problema di mantenere i confini, la riservatezza e l’esclusività dello spazio privato, garantiti normalmente dalla stanza della terapia: nella seduta online i due protagonisti, paziente e terapeuta, si trovano in due luoghi diversi, rispetto a cui non vi è la stessa possibilità di controllo e protezione da interferenze esterne. Obiettivo iniziale, nel momento del passaggio alla formula telematica, è stato spesso quello di trovare insieme al piccolo paziente il modo per ristabilire la riservatezza anche nell’incontro online. Per questo è stata fondamentale la collaborazione dei genitori, informandoli preliminarmente circa le modalità di svolgimento delle sedute online e le condizioni necessarie per il loro buon svolgimento.

Con i bambini più piccoli questo aspetto non è stato di semplice gestione: per potersi connettere spesso era necessaria la presenza del genitore che talvolta rimaneva nei paraggi per sostenere ed aiutare in caso di eventuali problemi. Questo ha rappresentato inizialmente un limite significativo, affrontato talvolta con il rendere consapevoli i genitori, non preparati a questa modalità terapeutica, dell’importanza della riservatezza, altre volte impostando un lavoro differente con il bambino in presenza dei genitori, quando necessaria. Con il crescere dell’età, nell’incontro con i bambini più grandi e i preadolescenti, è stato spesso opportuno definire chiaramente insieme a loro alcune regole di base del setting: luogo riservato, buona connessione, uno spazio dedicato e ben definito, telecamera accesa con inquadratura sul volto o sullo spazio di gioco, abbigliamento adeguato. È risultato importante concordare e mantenere questi elementi di base per non perdere la significatività dell’incontro e la continuità dell’aggancio relazionale, anche se a distanza.

Se il setting esterno si è modificato, assumendo nuove forme e scenari e necessitando di regole condivise e condizioni ambientali di base, si è comunque sperimentata la centralità del setting interno, cioè dell’assetto mentale entro cui avviene l’incontro tra terapeuta e paziente. In particolare la disponibilità, la flessibilità e l’adattamento del terapeuta sono risultati fondamentali, insieme alla solidità della relazione costruita in precedenza. In nessun caso sono state iniziate nuove terapie direttamente nella forma online ed è risultato evidente come i trattamenti avviati già da tempo con una buona alleanza terapeutica abbiano incontrato meno difficoltà nel momento della conversione in modalità telematica.

Un secondo livello di esperienza e di riflessioni si è sviluppato relativamente ai contenuti delle sedute online, cioè alla possibilità di accedere ai vissuti e al mondo rappresentazionale del bambino, compresa l’esperienza contingente relativa al Covid e le sue risonanze emotive più profonde. La riflessione si estende anche agli strumenti e alle tecniche utilizzabili nella modalità online per consentire e sostenere tali livelli di espressione e rielaborazione.

L’esperienza ha confermato la possibilità di utilizzare gli stessi strumenti e gli stessi materiali normalmente usati nelle sedute in presenza, pur con i necessari adattamenti. I giocattoli personali dei bambini, integrati con quelli della stanza del terapeuta, sono stati utilizzati come materiale simbolico attraverso cui mettere in scena e sviluppare narrazioni inerenti sia l’esperienza soggettiva della situazione contingente (contagio, lockdown, modificazione dello stile di vita, dinamiche familiari), sia i nuclei conflittuali o problematici caratteristici dello psicologismo del bambino.

È stato possibile anche utilizzare il disegno come modalità espressiva e rappresentativa, sia nella forma del disegno libero, chiedendo al bambino di reperire il materiale necessario in casa e di adeguare l’inquadratura della telecamera in modo da poter seguire l’esecuzione, sia nella modalità del disegno interattivo, utilizzando lo schermo del PC come fosse una lavagna grazie ad appositi programmi di grafica facilmente scaricabili e condivisibili.

Le piattaforme utilizzate per gli incontri online, inoltre, hanno permesso facilmente la visione condivisa di filmati, immagini, letture o l’ascolto di brani musicali, strumenti già utilizzati nelle sedute in presenza che forniscono materiale utile ai bambini e ai ragazzi per rappresentare la loro esperienza, attraverso processi di identificazione o di associazione, e per attivare il registro dell’immaginario, stimolando l’invenzione di storie giocate o narrate.

È risultato evidente come la maggiore o minore facilità di gestione della relazione a distanza e di utilizzo degli strumenti a disposizione sia legata alle caratteristiche del bambino, alla sua età, al suo livello di sviluppo e di organizzazione della personalità, all’eventuale quadro psicopatologico presente e al grado di accesso al registro simbolico. I bambini più piccoli, così come quelli con ritardo dello sviluppo o disturbi dello spettro autistico, oppure con problematiche di regolazione emotiva e comportamentale o disturbi da deficit di attenzione e iperattività, hanno trovato maggiori difficoltà nella modalità online, fino alla non praticabilità di questa forma di terapia nei casi più gravi. Il limite rappresentato dalla non presenza corporea, con le sue funzioni di stimolazione, contenimento e regolazione attraverso il contatto, il dialogo tonico-posturale, il gioco senso-motorio, si manifesta in maniera significativa per i soggetti con questi quadri clinici. È stato necessario spesso prevedere la presenza di un genitore in seduta, modificando e riadattando il setting, oppure sospendere momentaneamente il percorso con il bambino, fornendo un sostegno ai genitori tramite incontri a loro dedicati per la gestione del periodo di interruzione.

Per alcuni bambini, invece, la modalità online si è mostrata inaspettatamente efficace, stimolando una maggiore ricchezza espressiva e rielaborativa, come se la distanza fisica permettesse una libertà maggiore, come se la presenza del PC come oggetto mediatore favorisse la capacità di inventare.
A tal proposito, riportiamo uno stralcio di una seduta online con un bambino di otto anni, la cui sintomatologia ossessivo compulsiva si è inasprita nel periodo del lockdown.

Vittorio è seduto in salotto davanti alla postazione del computer. Ascolto le voci della mamma, del padre e della sorella minore, potendo solo intuire la loro vicinanza. Mi aspetto un clima teso e conflittuale, conoscendo le dinamiche relazionali della sua famiglia; oggi invece ascolto la mamma e la sorella di Vittorio giocare a “giro giro tondo”. Talvolta compare la sorella Lia davanti allo schermo per salutarmi e con sorprendente pazienza Vittorio riesce ad allontanarla.

Avverto il mio senso di impotenza legato al setting a distanza: non posso alzarmi e accompagnare la mamma e la sorella alla porta.
Vittorio oggi parla poco, mi chiedo se la presenza dei genitori possa essere per lui un disagio. Il dialogo vocale, oggi poco vivace, procede parallelamente a uno scambio incalzante nella chat di Skype.

Vittorio in seduta condivide con grande riserva i suoi vissuti, raramente ha dato spazio all’immaginario durante le sedute in presenza prima del lockdown. Propone qualche accenno cercando poi di allontanarlo, di non elaborare. Predilige restare nel qui e ora della stanza; la necessità impellente sembra essere, generalmente, occuparsi della nostra relazione: assicurarsi della sua presenza “buona” dentro di me, rimodellare le distanze, tessere una relazione di attaccamento sicuro e rassicurante.

Oggi invece, attraverso il web, inizia a inventare una storia dal titolo “Il bambino astronauta”, che ci vede alternati nella sua costruzione:

“[…] Si annoiava tutto solo sul pianeta Z-Vui, faceva delle lunghe camminate, a volte si fermava sotto un albero a prendere un po’ di ombra e pensare. Un giorno il bambino magico andò sul pianeta XR-9. Appena arrivato sul pianeta, un po’ impaurito, non voleva scendere dalla navicella. Si decise e scese, poi un alieno lo prese e lo portò a casa sua nel castello di Nghthj. Aveva paura ma era anche molto curioso. Chissà, forse sarebbero diventati amici. Lo guardava negli occhi per capirlo. Il bambino astronauta andava su e giù per le scale del castello, poi il suo amico, ormai erano diventati amici, lo portò con sé nella sala da pranzo. Gli diede un piatto di pasta e poi lo mise a letto, era molto accogliente. La paura e il sospetto lasciavano ora spazio a un po’ di gioia, si sentiva che non era più solo, era in compagnia. Il bambino astronauta il giorno dopo si alzò e se ne andò a mangiare la colazione. Mangiava cereali, orzo, latte e biscotti. Era tranquillo, finalmente. Stava bene, finalmente. Ora pensava a quanto sarebbe stato bello fare una passeggiata con il suo nuovo amico e raccontarsi di loro per conoscersi meglio. Poi lo salutò e se ne andò a casa. Ognuno dei due diede un piccolo regalo all’altro, così da potersi ricordare di quell’amicizia appena nata”.

Concludiamo la storia quando il tempo insieme sta per terminare. Vittorio comunica di essere triste e mi dice: “Quando finiremo questi incontri con il computer vorrei farne altri”.

Questa e altre storie narrate da Vittorio in chat mettono in scena alcuni vissuti legati al momento: le angosce di abbandono, la solitudine, la noia, la paura di fronte al nuovo e allo sconosciuto.
Allo stesso tempo raccontano di se stesso e delle sue difficoltà di relazione, del suo senso di precarietà e di diffidenza nei confronti di un mondo adulto di cui ha sperimentato l’instabilità e l’ambivalenza, dei meccanismi di evitamento e di controllo che ha dovuto mettere in atto per gestire l’aggressività e l’imprevedibilità del suo ambiente familiare.

Infine le storie di Vittorio, questa in particolare, parlano della relazione con il terapeuta, delle evoluzioni che sta subendo, dell’esperienza nuova di stabilità e fiducia che apre nuovi orizzonti e possibilità. Il narrare a due voci racconta l’esperienza relazionale in corso e, al contempo, la costruisce.

In questo caso si evidenzia come lo scarto di possibilità espressiva e di strumenti che una seduta online ha rispetto al setting classico possa aprire all’opportunità di un accomodamento, a ripensare e sperimentare nuove modalità di espressione e rappresentazione.
Il setting nelle sedute online è dunque, ancor più che in presenza, una co-costruzione: immagiamo il passaggio da una stanza, lo studio, che permette numerose possibilità, a uno spazio nuovo, limitato, meno conosciuto. Dalla stanza alla roulotte.

Con alcuni bambini, in particolare nelle terapie di appoggio, il setting si è spostato coincidendo quasi completamente con la loro stanza: si alzano, ci mostrano i giocattoli, portano con sé lo smartphone in giardino, si filmano mentre tirano la palla a canestro. Con altri invece, come è stato per Vittorio, il setting è nuovo, sospeso, come se spostassimo la roulotte in cima a una collina. Vediamo le nostre stanze ma siamo lì, con nuove possibilità.

Con alcuni bambini questo setting-ruolotte ha favorito l’accesso all’immaginario: la distanza tra terapeuta e bambino e la solo parziale visibilità dei corpi ricorda, con le dovute evidenti differenze, lo stendersi del paziente sul lettino e immaginare, ricordare, vedere nuovi scenari.
La lontananza fisica e il mezzo hanno aperto, per alcuni bambini, la possibilità di sentire maggiormente la distanza e provare a percorrerla con storie, disegni, dialoghi a più livelli in chat e verbalmente. La presenza online si inserisce come possibilità e via di mezzo tra l’essere fisicamente insieme l’uno accanto all’altro e la lontananza-assenza. È una dimensione che ricorda da vicino l’area transizionale come spazio tra l’abbraccio e l’orsacchiotto.

Sostare la roulotte in quest’area potenziale, in cima alla collina, non avviene con tutti i bambini. Richiede buone capacità simboliche e narrative e una relazione che permetta di sentirsi in contatto anche se a distanza. È un’apertura a fronte di notevoli fatiche ma è anche un’occasione per esplorare nuove dimensioni del setting e del proprio essere terapeuti, avvenga questo in presenza o online.

B) Quando il gioco si fa duro … i bambini iniziano a giocare: esperienze di psicoterapia di gruppo durante il lockdown.

Cosa accade invece quando non si è solo in due dietro agli schermi? Durante il lockdown alcuni terapeuti del nostro Istituto hanno proseguito con i percorsi in piccolo gruppo avviati precedentemente in presenza, sia nella forma della psicoterapia di gruppo sia in quella dello psicodramma adleriano infantile [30].

Nel primo caso, questa nuova forma di gruppo di supporto ha avuto una sua buona efficacia nell’offrire un “contenitore” in cui far confluire i vissuti di paura, di ansia e talvolta di vera e propria angoscia per quello che stava accadendo fuori, dal momento che molte opportunità di relazione erano state per ovvie ragioni sospese: fornire una base sicura e la possibilità di mantenere dei contatti amicali attivi è stato un sollievo non da poco per i bambini che si mostravano ogni volta molto felici di vedere su Zoom i “volti amici” dei loro coetanei.

Osservare i piccoli pazienti nel loro ambiente domestico, a loro certamente più familiare rispetto alle stanze del nostro studio, ha permesso di registrare una serie di dinamiche difficilmente riscontrabili durante gli incontri in presenza: chi era più timido e introverso, a tratti passivo in studio, ha spesso messo in campo una maggiore sicurezza di sé e un’espressività più ricca. Chi invece, in presenza, tendeva a prendere più spazio, ha lasciato in alcuni momenti il posto ai compagni più introversi, aiutato in ciò dai tempi più lenti dietro lo schermo.

Il lavoro di gruppo, in questo caso, prevedeva un primo momento di confronto su ciò che si stava vivendo, dove ognuno aveva la possibilità di raccontare come stava trascorrendo la quarantena, come si trovava con la didattica a distanza, le attività ludiche e ricreative che faceva nonostante il dover rimanere chiusi in casa. Lo schermo ha di certo ampliato il tempo della parola su quello dell’attività: ciò non ci è parso un limite. I bambini non avevano solo necessità di raccontare, ma anche di sentire le parole di un adulto rassicurante e presente.

La seconda parte delle sedute era invece incentrata su un lavoro più pratico e creativo, volto a dare un’altra forma alle emozioni e ai fatti raccontati, per poterne favorire l’elaborazione: o con un disegno condiviso creato grazie ad un’applicazione scaricata da tutti, o con gioco attraverso lo schermo.

Per quanto riguarda invece il lavoro clinico attraverso lo psicodramma, riportiamo, a titolo esemplificativo, l’esperienza con un gruppo di tre bambini di scuola primaria (dalla terza alla quinta), che lavorava insieme già da circa un anno e mezzo in presenza. Un gruppetto quindi abituato alla creazione e alla messa in scena di storie inventate dagli stessi bambini, e che a partire da marzo si è dovuto reinventare. Gli obiettivi principali del lavoro proseguito nella modalità online sono stati, anche in questo caso, il mantenere il legame con i compagni del gruppo e con i terapeuti, l’attivare le risorse affettive e relazionali in un momento di particolare isolamento e il continuare a lavorare sullo sviluppo ed il potenziamento del pensiero simbolico tramite il gioco e l’immaginario.

I bambini erano già stati abituati ad inventare storie e metterle in scena nel lavoro fatto in presenza, ma trasporre la tecnica dello psicodramma infantile online ha richiesto molti aggiustamenti. La presenza fisica, la prossimità corporea, il linguaggio tonico del corpo non erano ovviamente sperimentabili per via telematica e la nuova situazione all’inizio non consentiva ai bambini di accedere con facilità all’immaginario come possibilità trasformativa di emozioni, vissuti, pensieri e desideri. Ogni incontro era suddiviso in quattro parti: un primo momento di condivisione su come stavano vivendo la quotidianità, un momento di costruzione della storia che si sarebbe giocata, la messa in scena rappresentativa della storia, un momento di confronto e condivisione di quanto era accaduto nella storia e delle emozioni correlate.

È stato necessario trovare un espediente tecnico che rendesse reale e tangibile ciò che accadeva in una piattaforma virtuale. Abbiamo quindi chiesto ai bambini di presentarsi nella stanza virtuale con un personaggio (un pupazzo, un peluche, una bambola). Prima di inventare insieme la storia ogni bambino descriveva il suo personaggio dal punto di vista fisico, caratteriale, emotivo; poi, a partire da questi personaggi, veniva costruito un racconto che a volte era una storia di gruppo, altre volte di un singolo bambino con un particolare bisogno da esprimere.

Il lavorare a partire da un oggetto concreto ha consentito ai bambini di mantenere il legame con la realtà, che permette al pensiero simbolico di esprimersi senza diventare fuga solipsistica nel fantasmatico. Con il proseguire degli incontri i bambini portavano nella stanza virtuale anche piccoli oggetti di scena (foulard, bacchette, etc) che ampliavano lo scenario del gruppo.

Spesso le storie avevano come sfondo il rischio di perdere delle persone care, il bisogno di trovare spazi personali non condivisi con i genitori, il piacere di condividere le esperienze con gli amici.
I colloqui di follow up con i genitori ci hanno consentito di comprendere ancora meglio il significato profondo di alcune delle storie giocate dai bambini. Inoltre, ci è stato rimandato che i bambini durante il lockdown, nei momenti liberi dalla DAD e dalle incombenze familiari e quotidiane, hanno “ricominciato a giocare come una volta”: con bambole, pupazzetti vari, stoffe, colla, carta etc. hanno costruito i loro scenari fantastici e messo in scena le loro storie.

VI. Conclusioni

Il contesto attuale nel quale stiamo vivendo come uomini e donne, ma anche come psicoterapeuti, ci sta richiedendo uno sforzo notevole di adattamento e di accettazione del cambiamento. La situazione di pandemia dovuta alla diffusione della malattia da Sars-Cov2 ha creato degli scenari personali, sociali, familiari, economici e lavorativi nuovi e inaspettati. Come terapeuti ad indirizzo individual- psicologico, non possiamo prescindere dall’analisi del contesto in cui vivono i nostri pazienti e come terapeuti dell’età evolutiva abbiamo dovuto confrontarci con quanto esperito e vissuto dai bambini in questo periodo. La paura, l’ansia, il senso di incertezza e, talvolta, le angosce abbandoniche si sono fatte spazio all’interno delle nostre stanze terapeutiche, che in poco tempo si sono trasformate in stanze virtuali.

Il confronto tra gli studi che la comunità scientifica sta producendo in questo periodo e l’esperienza effettuata dal gruppo di psicoterapeuti dell’età evolutiva dell’I.P.I. “A Adler”, oggetto del presente articolo, può portare ad alcune preliminari riflessioni, da cui non possono che sorgere ulteriori domande e piste di lavoro, trattandosi di aspetti innovativi ed ancora in pieno sviluppo.

Per quanto concerne l’impatto della situazione di emergenza sanitaria sulle vite dei bambini e sul loro benessere psico-fisico, confermiamo l’insorgenza o l’intensificarsi di manifestazioni e sintomatologie ansiose nei bambini, in specie nella forma dell’irrequietezza emotiva e comportamentale, dell’irritabilità, dell’ansia da separazione, delle somatizzazioni e dei disturbi del sonno.

L’analisi delle esperienze e dei vissuti riportati in seduta evidenziano che la sofferenza psichica si muove su due canali, tra loro intrecciati: le paure e le ansie relative al contagio, che a loro volta possono sollecitare angosce di morte e abbandoniche nei bambini con problematiche pregresse in tali ambiti, e gli effetti dell’isolamento forzato, con tutto ciò che comporta in termini di socializzazione, sperimentazione di sé al di fuori del contesto familiare, consolidamento del processo di costruzione della personalità e di definizione identitaria, fronteggiamento e superamento delle sfide evolutive attraverso il gioco condiviso, strumento spontaneo ed efficace di elaborazione delle esperienze e dei vissuti.

Il contatto e il lavoro di supporto con le famiglie che richiedono percorsi psicoterapeutici per i figli ha confermato in questi mesi quanto l’equilibrio del sistema familiare, le dinamiche tra i genitori e le reazioni degli stessi sviluppate in relazione al Covid, insieme al supporto emotivo che riescono a fornire ai figli, rappresentino un fattore protettivo fondamentale per il benessere psicologico dei minori e riducano l’impatto negativo su di essi della situazione, quindi l’insorgenza di malessere o sintomi, come anche evidenziato dalle ricerche riportate.

Tale quadro emergente dagli studi in corso e riscontrato nelle nostre osservazioni, ha indotto gli psicoterapeuti dell’età evolutiva a trovare alternative percorribili per poter continuare a seguire i piccoli pazienti, dato che le misure di protezione e contenimento hanno reso pressoché impraticabile la prosecuzione delle terapie in presenza per alcuni mesi. Tale condizione di necessità ha aperto il campo alla sperimentazione della terapia online in età evolutiva, finora assai poco praticata, e ha sollecitato riflessioni sul setting e sulle metodologie utilizzate, così come sull’efficacia e sull’accessibilità ai livelli di lavoro psicologico tipici della psicoterapia ad orientamento psicodinamico.

Dal confronto tra quanto emerge dagli studi in corso – di cui si trovano ancora poche pubblicazioni scientifiche – e la nostra esperienza di questi mesi, possiamo evidenziare che il passaggio alla psicoterapia online necessita inevitabilmente di un adattamento del setting, o meglio avvia un processo di co-costruzione con il bambino di un nuovo spazio di lavoro.

Risultano necessarie alcune condizioni di base come la buona connessione, le competenze sufficienti all’uso agevole delle piattaforme e degli strumenti che offrono, la riservatezza degli ambienti da cui avviene il collegamento, la preparazione delle postazioni e del materiale necessario alle sedute, l’atteggiamento collaborativo del bambino.

Si conferma, come evidenziato dagli studi, la centralità del rapporto con i genitori, ancor più importante nella psicoterapia online per il necessario supporto agli aspetti tecnici soprattutto con i bambini più piccoli, la gestione degli imprevisti, il mantenimento delle condizioni di base per il buon svolgimento delle sedute e il sostegno motivazionale.

È risultato evidente, in linea con le ricerche attuali, come non tutti i bambini siano idonei alla psicoterapia online, o per lo meno si debbano inserire significative modificazioni di setting per rendere praticabile la modalità telematica. Bambini in età prescolare oppure bambini con ritardo dello sviluppo, disturbi dello spettro autistico, disturbi della regolazione e del comportamento e ADHD, possono richiedere la presenza del genitore in seduta, o l’introduzione di attività più strutturate (con inevitabile modifica della natura e delle finalità dell’intervento), fino alla sospensione del trattamento, sostituito momentaneamente da un supporto ai genitori per gestire la situazione emergenziale.

Altro elemento di accordo tra gli studi del settore e l’esperienza degli autori è la centralità dell’atteggiamento mentale del terapeuta e della relazione stabilita con il bambino in precedenza. Il passaggio alla terapia online necessita che il terapeuta attinga al suo Sé creativo e si ponga nella disposizione mentale della sperimentazione e della possibilità che le nuove modalità possano funzionare, pur con i dovuti adattamenti e limitazioni. La relazione stabilita con il bambino risulta poi il “vero” setting, capace di compensare almeno parzialmente le carenze di contatto, contenimento dell’ambiente e interazione corporea della modalità online.

Per quanto riguarda i contenuti delle sedute con i bambini, possiamo concludere che la possibilità di accedere e di lavorare sui vissuti profondi e sui sistemi rappresentazionali che costituiscono il mondo interno del bambino – peculiarità dei percorsi psicoterapeutici ad indirizzo individual-psicologico – non risulta preclusa nella modalità online. Ciò ovviamente non significa che sia sempre possibile e che l’interazione in presenza a livello corporeo sia un elemento trascurabile.

Abbiamo sperimentato che alcuni strumenti, materiali e tecniche utilizzati normalmente nella psicoterapia in presenza possono essere trasferiti, con dovuti accorgimenti e modifiche, nella psicoterapia da remoto, trovandoci in linea con i pochi studi reperiti per ora sull’argomento.

Giocattoli, materiale ludico di vario tipo, strumenti per la rappresentazione grafica possono essere utilizzati dal bambino e dal terapeuta, anche attraverso lo schermo, per il lavoro sull’immaginario. Il gioco simbolico e la narrazione possono essere attivati attraverso queste modalità “tradizionali”, così come attraverso la proposta stimoli digitali: video, immagini, musica, giochi virtuali, ecc.

È evidente che, affinché il bambino possa sostenere un lavoro psicoterapeutico di questo tipo, deve aver raggiunto un buon livello di sviluppo del registro simbolico, una buona dimestichezza con gli strumenti del gioco e della narrazione e un aggancio relazionale e attentivo sufficiente per reggere l’interazione a distanza. La mancanza della stimolazione corporea, del contenimento dato dalla vicinanza e dall’interazione dei corpi, e l’impossibilità di utilizzare il canale senso-motorio condiviso per accedere a forme di rappresentazione pre-simbolica, escludono alcune categorie di disturbo – di fatto quelle segnalate poco sopra – dalla possibilità di un lavoro di psicoterapia online che vada oltre al mantenimento del contatto o a un blando intervento di sostegno, magari con il supporto del genitore in seduta.

Lo stesso discorso possiamo estenderlo alle forme di psicoterapia di gruppo e di psicodramma infantile. Per quanto sperimentato nei mesi di lockdown, la possibilità di mantenere il momento dell’incontro, pur nella forma telematica, ha consentito di non perdere il contatto con i coetanei e di dare continuità a quello spazio di espressione, rappresentazione, condivisione ed elaborazione che il gruppo di terapia rappresenta. Si è evidenziato il bisogno di un contenitore in cui condividere l’esperienza soggettiva di un periodo così particolare e dare forma e significato ai vissuti angosciati e depressivi sollecitati dall’emergenza e spesso dilaganti all’esterno.

Anche in questo caso il gioco simbolico, il disegno e la narrazione sono stati gli strumenti prevalentemente utilizzati, in remoto come in presenza; l’azione contenitiva e trasformativa della mente del gruppo, insieme alla funzione riflessiva, supportiva e incoraggiante del terapeuta hanno consentito, nei percorsi di psicoterapia come in quelli di psicodramma, di accompagnare e sostenere i bambini nelle difficoltà e inquietudini del momento, attivando le loro risorse e la capacità di resilienza, e di continuare a lavorare, attraverso il registro dell’immaginario, sulle problematiche evolutive o le sofferenze emotive di cui ciascuno di loro è portatore.

Aver verificato la possibilità di attivare forme di psicoterapia online individuale e di gruppo con i bambini e ad aver sviluppato riflessioni sulle trasformazioni del setting, degli strumenti e delle tecniche ha consentito di traghettare le fasi acute dell’emergenza sanitaria e ha permesso di aprire alla sperimentazione e all’individuazione di adattamenti metodologici e di linee guida operative per future situazioni di necessità e per la messa a punto di forme alternative di intervento che possano rispondere ad esigenze particolari.

Rimangono tuttavia evidenti i limiti dati da un incontro in cui non sono i corpi ad interagire, ma le immagini di essi. In età evolutiva, dove l’attività psichica e i processi di costruzione del Sè emergono dall’esperienza e dall’interazione corporea e lo sviluppo dello stile di vita prende le mosse da un’unità biopsichica indivisibile, l’assenza della corporeità nell’esperienza relazionale terapeutica non può essere un elemento trascurabile. Tale mancanza rende impraticabile la psicoterapia a distanza in alcuni casi, mentre può parzialmente ridurne l’incisività e l’efficacia in altri. Nonostante ciò, con gli opportuni accorgimenti e i necessari adattamenti, si è sperimentato che la psicoterapia online può raggiungere un buon livello di efficacia con i bambini che hanno accesso al registro simbolico e sono esenti da gravi disturbi della relazione, della regolazione e del comportamento, soprattutto se l’alleanza terapeutica si è già attivata e consolidata attraversa l’interazione in presenza.

Lo scenario che attualmente si sta delineando, mentre scriviamo, è di nuovo incerto. Come terapeuti ad orientamento adleriano poniamo al centro della nostra pratica clinica la capacità di incoraggiare: è necessario intercettare la forza e le spinte vitali presenti in noi e nei nostri pazienti, attivando o riattivando le capacità di tollerare, elaborare e affrontare costruttivamente le frustrazioni e i cambiamenti che la vita ci propone e sostenendo le istanze creative che ci permettono di cercare nuove soluzioni ai problemi, anche percorrendo vie alternative [25]. In tal senso, le prassi consolidate non devono impedire né mortificare la sperimentazione e l’innovazione, soprattutto in una situazione eccezionale come quella che stiamo vivendo.